Letteratura Siciliana

Il Dialetto Siciliano

Il dialetto siciliano, preziosissimo e importantissimo patrimonio storico e culturale. Tra i suoi suoni e i suoi grafemi, infatti, il teatrale e poetico siciliano, riporta i segni di buona parte delle lingue di quei popoli che nei secoli sono approdati nella bellissima isola. La Sicilia si è trovata sempre a far da cerniera tra Africa, Oriente e Occidente.

Di quali impronte e influssi linguistici stiamo parlando?

🔹del GRECO di epoca classica e bizantina. Ritroviamo testimonianza in termini come ‘naca‘ da ‘naka‘ (culla), cantaru da ‘kantaru‘ (vaso, vaso da notte). Anche gresta da ‘grasta‘ o anche babbaluci (lumache) da ‘boubalàkion’, pitrusinu (prezzemolo) da ‘petrosélinon e tumazzu da ‘tumassu’;

🔹del LATINO, portato in prima battuta in Sicilia dai romani e poi dai normanni di cui possiamo ravvisare l’influenza in termini come àntura da ‘ante horam‘ (poco fa), bìfara da ‘bifer’ (fico), canìgghia da ‘canilia’ (crusca), tannu da ‘tandiu‘ (tempo fa) o nzèmmula da ‘in simul’ (insieme);

🔹dell’ARABO, i cui termini riguardano soprattutto parole del mondo agricolo. Tra questi tumminu da ‘tumn’ (unità di misura per i terreni), giarra da ‘garra’ (recipiente di terracotta), gebbia da ‘djeb‘(vasca di raccolta della acque), giummu da ‘giummah’ (pennacchio). Anche cabbasisa da ‘habb aziz’ (bacca rinomata, che in siciliano ha assunto un significato più allegorico come ci insegna Camilleri);

🔹del CATALANO, perché dopo i vespri la Sicilia finì sotto il regno catalano-aragonese. Riportiamo parole come accupari da ‘acubar’ (soffocare), addunarisi da ‘adonarse‘ (accorgersi), nzirtari da ‘encertar‘ (indovinare) o priarsi da ‘prearse’ (rallegrarsi);

🔹del CASTIGLIANO fece il suo ingresso in Sicilia nel XVI sec. quando la corona d’Aragona fu affidata a Federico Trastamara di Castiglia, soppiantando il catalano. Ci rimangono influssi in parole come: ajiri da ajer (ieri), cucchiara da ‘cuchara’ (cucchiaio), isari da ‘izar’ (alzare), palumma da ‘paloma‘ (colomba) o zita da ‘cita‘ (fidanzata);

🔹del FRANCESE che entrò in Sicilia con l’avvento dei Borboni, riportiamo termini come addumàri da ‘allumer’ (accendere), munziddu da ‘moncel’ (piccolo monte), vuccèri da ‘boucher’ (macellaio) o truscia da ‘trousse’ (fagotto).

Non è da trascurare inoltre l’influsso:

🔹del GALLO-ITALICO che non fu lingua di conquistatori, ma di genti immigrate durante il periodo normanno-svevo. Questi immigrati provenivano dal settentrione italiano, che risentiva di forti influenze della lingua francese. Forti tracce e testimonianze di questa influenza linguistica rimangono nei dialetti di San Fratello, Novara di Sicilia, Piazza Armerina, Sperlinga, Nicosia e Aidone.

Il discorso sul siciliano, sulla sua evoluzione temporale e sulla convivenza tra sistemi linguistici profondamente diversi nell’isola è oggetto complesso e di grande travaglio scientifico. Abbiamo cercato qui di darvene una sintesi dinamica per incuriosirvi e mostrarvi quanto prezioso sia il nostro dialetto. Quanta storia e cultura racchiuda dentro di sé ogni parola!

 

Alice Crapanzano

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