A Spasso tra...

Riserva Naturale Macalube di Aragona

La Riserva Naturale Macalube di Aragona, è ubicata a pochi km da Aragona in provincia di Agrigento. Si tratta di un vasto territorio argilloso caratterizzato dalla presenza di fenomeni eruttivi. La Riserva nasce per tutelare un raro fenomeno geologico, analogo a quello vulcanico: una rarissima testimonianza dei cosiddetti “vulcanelli di fango freddi”, al cui interesse geomorfologico e genetico si aggiunge anche quello relativo ai meccanismi di formazione del metano.

I particolari fenomeni delle Macalube hanno suscitato un grande fascino sulla popolazione locale e sui viaggiatori stranieri. Un fenomeno descritto fin dall’antichità da Platone, Diodoro Siculo, Plinio il Vecchio ed Aristotele e nei luoghi dove oggi sorge la riserva erano ambientate leggende arabe e normanne. Si narra che il liquido grigiastro che fuoriesce dall’attività eruttiva fu ribattezzato sangu di li Saracini (sangue dei Saraceni), richiamando la sanguinosa battagli tra arabi  e saraceni. Un’altra leggenda vuole che un tempo nell’area sorgesse una città chiamata Cartagine. Durante una cerimonia religiosa dedicata alla divinità protettrice, alcune persone offesero il dio portando in processione un cane. I fedeli, adirati per l’offesa, invocarono la divinità affinché li punisse. Così in un attimo, fra boati e terremoti, l’intera città sprofondò nelle viscere della terra. Anche Guy De Maupassant si recò qui durante il suo viaggio in Sicilia e descrisse i vulcanelli di fango come “pustole di una terribile malattia della natura”.

Il nome “Macalube” deriva da “Maqlub” arabo che letteralmente significa “ribaltamento”, perché, periodicamente e all’improvviso, la collina di vulcani, esplode a causa della violenta fuoriuscita di gas. Trattasi prevalentemente di metano con basse concentrazioni di anidride carbonica, di elio ed altri costituenti in traccia.  Questi per effetto della pressione, fuoriescono dal sottosuolo, trascinando con sé sedimenti argillosi ed acqua, che deposti in superficie danno luogo ad un cono di fango, dalla cui sommità fuoriescono i gas.

La vegetazione che popola la riserva è costituita da specie  che con il tempo si sono adattate a vivere in un habitat caratterizzato da elevata salinità e scarsa piovosità. Sono presenti numerose specie endemiche fra cui l’Aster sorrentinii, l’Allium agrigentinum, la Salsola agrigentina, il Lygeum spartum e la Malva agrigentina. Ma anche la Scabiosa dichotoma; l’Allium lehmannii e la Lavatera agrigentina.

La riserva è stata inclusa nell’omonimo Sito di Importanza Comunitaria per la presenza di habitat prioritari  e di specie di interesse biogeografico e/o conservazionistico della flora, tra cui diverse specie di orchidee: Ophrys bertolonii, Ophrys bombyliflora, Ophrys lutea, Ophrys sphecodes subsp. garganica, Ophrys tenthredinifera, visibili durante il periodo primaverile.

L’esistenza di piccoli stagni rappresenta importanza cruciale per lo sviluppo della fauna entomologica soprattutto per quanto riguarda libellule, emitteri e coleotteri acquatici, nonché per la presenza di anfibi e di rettili, come la lucertola siciliana, il gongilo, il saettone, il biacco. La riserva è anche zona di sosta per gli uccelli durante la migrazione e territorio di caccia di alcune specie di rapaci (Falco tinnunculus, Circus aeruginosus).

La Riserva, oggi è gestita da Legambiente ed ha una superficie di circa 256 ettari. Purtroppo il sito è temporaneamente chiuso al pubblico dopo che il 27 settembre 2014, un vulcanello della riserva naturale ha eruttato, sollevando il fango fino 20 m dal suolo e provocando il seppellimento sotto la melma di un adulto e la morte di due bambini.

Lasciamo questo spazio alla natura con la speranza che possiamo tornare a visitarlo con le giuste precauzioni.

Floriana Galizia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *