Castello di Carini
Settembre 6, 2022
In questi giorni di pioggia e freddo vogliamo raccontarti la storia del Castello di Carini, una fortezza medievale che si trova a Carini, in Sicilia. Eretto ad opera del primo feudatario normanno Rodolfo Bonello, guerriero al seguito del conte Ruggero I di Sicilia. Il Castello di Carini è un esempio unico in Sicilia ma costante nella Francia del Medioevo.
Una superba fortezza piantata su un colle roccioso,” a cavaliere” , direbbe Manzoni, con doppia cinta muraria e rispettive porte ad arco ogivale, con torri, merli e pinnacoli; un tipico castello arabo/normanno, pauroso sinistro; uno scalone immette nella sala magna con soffitto ligneo scolpito e dipinto; una perfetta scenografia da tragedia shakespeariana, un mediterraneo castello di Danimarca o di Scozia.
Di notevole interesse sono la Cappella con un tabernacolo in legno risalente al XVII secolo e affreschi in Trompe-l’oeil. Troviamo anche il Salone delle Feste di gusto rinascimentale con un soffitto a cassettoni e un camino sormontato da uno stemma rappresentante una gru (lo stemma dei La Grua). Sempre al piano superiore troviamo una stanza in stile gotico- catalano. Il castello era teatro di una tragedia tramandata nei secoli da una ballata popolare.
Ma vediamo di far luce su questa storia che ha reso il maniero ancora più sinistro. Il 4 dicembre 1563 donna Laura Lanza di Trabia baronessa di Carini, moglie di don Vincenzo La Grua-Talamanca, venne uccisa dal padre per motivi di onore insieme al presunto amante Ludovico Vernagallo. Gli atti di morte dei due si trovano trascritti presso l’archivio storico della chiesa madre di Carini.
L’amaro caso della signora di Carini inizialmente non era di dominio pubblico. La potenza delle famiglie coinvolte mise subito a tacere i diaristi del tempo, che si limitarono a riportare solo la data e la notizia della morte della signora di Carini. Don Cesare Lanza di Trabia sarà assolto in virtù della legge vigente e l’anno successivo insignito del titolo di conte di Mussomeli. Della vicenda si occupò nella metà dell’Ottocento lo studioso Salvatore Salomone Marino che riuscì a ricostruire la storia di Laura e del suo amato Ludovico. Ciò grazie a quanto appreso dal popolo attraverso vari “cunti” tramandati nei secoli dai cantastorie.
Una leggenda narra che in occasione dell’anniversario del delitto comparirebbe, su un muro della stanza dove morì Laura, l’impronta della mano insanguinata lasciata dalla baronessa uccisa.
Voi ci siete mai stati?