Giacomo Serpotta, il più grande Stuccatore d’Europa
Dicembre 30, 2023
Molti artisti, con sorte avversa, hanno patito la fame in vita per poi diventare famosi dopo la loro morte. Altri, al contrario, conosciuti ed apprezzati in vita sono stati dimenticati per secoli dagli storici e dalla critica.A questa seconda categoria di artisti appartiene Giacomo Serpotta, scultore tra i più prolifici nella Sicilia del Diciottesimo secolo.
La produzione artistica serpottiana, già dalla seconda metà del Settecento e per tutto il secolo successivo, verrà ignorata dalla letteratura di formazione positivista e classicheggiante perché considerata “priva di gusto e corrotta dalla maniera”. L’architetto Ernesto Basile sarà tra i primi a tentare una rivalutazione dell’arte del Serpotta. Scriverà infatti nel 1911 un saggio sugli oratori palermitani.
A partire dal 1957, a più riprese lo storico dell’arte Carlo Giulio Argan cercherà di richiamare, ahimè invano, l’attenzione sulle invenzioni scultoree di Serpotta considerando le sue opere “l’episodio più brillante della scultura settecentesca”.
Ma bisognerà aspettare la campagna di denuncia dello studioso inglese Donald Garstang, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica italiana e internazionale sulla mancanza di studi adeguati sullo scultore palermitano.
Garstang attraverso una serie di interventi giornalistici e conferenze cercherà soprattutto di denunciare lo stato di degrado e di abbandono degli stucchi del Serpotta. Esemplare in tal senso è l’articolo-intervista apparso su La Repubblica del 20 febbraio 1997.
Lo storico inglese già nel 1984 aveva pubblicato in Gran Bretagna un volume dedicato all’artista palermitano. In Italia il libro sarà pubblicato da Sellerio nel 1990 con il titolo Giacomo Serpotta e gli stuccatori di Palermo .
Eh sì….ci voleva uno straniero, con il suo grido di allarme, per farci aprire gli occhi sull’immenso e originale patrimonio di opere lasciate da Giacomo Serpotta!
Finalmente nel 1999 parte il Progetto Serpotta, finalizzato alla tutela delle opere dell’artista, condotto dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Palermo, in collaborazione con le facoltà di Architettura e di Ingegneria chimica dell’Ateneo di Palermo, nonché con il contributo del Prof. Donald Garstang e dell’università spagnola di Valencia.
In tempi rapidi vengono redatti i progetti da parte della Soprintendenza ed eseguiti una serie di restauri. Finalmente nell’arco di pochi decenni si è determinato un radicale cambiamento nei confronti delle opere di Serpotta.
Così oggi, “serpeggiando” per le vie di Palermo, come scrive Garstang, si possono facilmente visitare chiese ed oratori in cui Giacomo Serpotta ha lavorato creando sculture con la tecnica dello stucco. Ma perché proprio lo stucco? Una profonda crisi economica afflisse la Sicilia tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento. Per questo motivo le Confraternite, principali committenti di decorazioni negli edifici religiosi, non potendo sostenere spese per le decorazioni marmoree, preferirono le opere in stucco, materiale più povero e assai meno costoso nella lavorazione.
Si partiva da una struttura di base in legno rivestita di stoppa e canapa. A volte il Serpotta utilizzava canne palustri o piccoli elementi in ferro protetti da spago e canapa. Le figure erano modellate su un primo strato detto “di corpo”, di spessore variabile, costituito da sabbia di fiume, calce, gesso e cocciopesto. Su questo veniva steso un secondo strato sottilissimo “di finitura”, composto da polvere di marmo bianco e calce. Grassi e zuccheri venivano aggiunti agli impasti per dare maggiore lavorabilità. Un’ ultima velatura quasi liquida veniva poi lucidata con panni di lino che assicuravano lucentezza alle sculture.
Particolarmente interessanti sono “i teatrini”, piccoli riquadri ricavati nelle pareti degli oratori, in cui il Serpotta mette in scena con spettacolari effetti prospettici, episodi della vita dei santi o stazioni della Via Crucis. Ma anche i putti e le figure allegoriche in costume settecentesco si inseriscono nella decorazione con vivaci effetti scenici in cui, secondo Argan “uno schietto spirito popolaresco s’accompagna a una perfetta eleganza”.
Brevi cenni biografici: Nato a Palermo, nel quartiere della Kalsa, il 10 marzo 1656, Giacomo Serpotta fu iniziato all’arte della scultura dal padre Gaspare. Elaborò una personalissima tecnica di lavorazione dello stucco conosciuta con il termine di allustratura. Secondo i suoi biografi non si allontanò mai dalla Sicilia. Ma in alcune sue opere è evidente l’influenza della scultura di Gian Lorenzo Bernini. Conosciuta probabilmente, attraverso le stampe e le riproduzioni che circolavano in tutta Europa.
Lavorò in tutta la Sicilia lasciando preziose opere a Messina, Alcamo, Vicari, Carini, Agrigento e forse in altri centri. Le sue opere più famose si trovano però a Palermo, soprattutto negli Oratori di Santa Cita, del Rosario e di San Lorenzo. Le decorazioni di Serpotta si dilatano sulle pareti degli oratori, con ripetizioni di alcuni motivi della scultura barocca. Ma assolutamente originale è l’interpretazione personale che anticipa il gusto rococò. Geniali ed innovativi sono i suoi Teatrini. Morì a Palermo il 27 febbraio 1732, lasciando al figlio Procopio l’eredità della tecnica di lavorazione dello stucco.