I Mastri delle Vare a Caltanissetta
Gennaio 3, 2023
Le Vare del Giovedì Santo di Caltanissetta sono sedici imponenti gruppi statuari, capolavori indiscussi di pietà popolare e raccontano la Passione di Gesù, dall’Ultima Cena alla madonna Addolorata.
I Biangardi, Don Cinnirella e 100 Onze mai restituite.
Per tutta la notte, sino alle prime luci dell’alba, invadono la città con il loro procedere lento e le musiche delle bande che riecheggiano in ogni strada dell’antico centro storico.
Molti conoscono i padri di questi capolavori: sono gli scultori napoletani Francesco e Vincenzo Biangardi, rispettivamente padre e figlio, che le realizzarono con una sorprendente tecnica verso la fine del 1800: teste e piedi in cartapesta, mani ed ossatura del corpo in legno mentre i panneggi sono di tela foderata di stucco. Una tecnica che consentiva di trasportare le Vare durante la processione con facilità, senza che fossero eccessivamente pesanti.
Statue enormi ed espressive, molte delle quali ispirate a grandi capolavori dell’arte pittorica, da Rubens a Leonardo Da Vinci. Angeli, Demoni, Cristi Denudati e Croci sono fissate sui “baiardi” e condotti in processione tra il fumo delle fiaccole di “Bengala”, fiori e lumi.
La storia di questa tradizione è collegata alle miniere di zolfo di Caltanissetta: i Biangardi, infatti, costruirono la loro prima Vara proprio a ricordo della tragedia del 12 Novembre 1881, dove, per un crollo, morirono centinaia di operai presso la miniera “Gessolungo”.
I Biangardi, dal 1886, vengono proprio a risiedere a Caltanissetta, in Via Re D’Italia, dove trovano casa e bottega. Nel 1890 il giovanissimo Vincenzo muore; completerà per questo le Vare il solo Francesco. Le Vare sono state pagate da diversi ceti della città che le commissionavano. Dalle 6.000 Lire del mastodontico “Sinedrio”(che ai tempi aveva ben 21 personaggi) alle 700 lire della “Prima Caduta” con le sue tre figure.
Un nome, quello dei Biangardi, intimamente legato alle Vare, ma pochi sanno che prima dell’arrivo dei Biangardi, la processione aveva già un bel pezzo di storia alle spalle. Vi erano altre Vare, altri scultori, altri percorsi.
Tra questi aneddoti, in un tempo arcano, si narra di un certo Don Cinnirella del convento di Santa Flavia. Questo arzillo prete ebbe la felice idea di utilizzare un povero contadino come modello e lo costrinse a continui bagni di gesso pur di ricavarne delle sagome. Queste sagome, opportunamente messe su una base, furono dotate di molle per conferire alle statue di diventare mobili.Una vara era ridicola e fece ridere la folla, tanto da essere distrutta letteralmente al termine della processione.
Un’altra antica traccia del tempo lontano di questa processione è la vara “La condatta al Sepolcro” del 1853. Tutte le antiche vare si sostituirono con quelle nuove dei Biangardi. “La condotta al Sepolcro” rimase la stessa ed oggi, questa Vara, va in processione da oltre 170 anni!
Si racconta che ad anticipare i soldi per questa vara fu un certo Giacomo Nocilla. Si trattava di 100 onze, moneta in uso nel regno Borbonico. Questi soldi non gli furono mai restituiti!
Piccole storie di gente comune, uomini e donne che hanno lasciato il loro segno e che, ancora oggi, continuano a rivivere dietro queste enormi e meravigliosi statue.
Prova ad immaginare: l’aria è piena del fumo delle fiaccole e si mescola con l’odore di panelle fritte. Palloncini tenuti nelle mani di bambini che, in braccio ai loro papà, guardano le Vare. Il suono dei tamburi, le diverse marce funebri di diverse bande invadono tutte le strade.
Le ombre delle grandi Vare si proiettano su palazzi e chiese, mentre alcune croci sfiorano i balconi e i lampioni delle Luci. Una città intera è scesa in piazza a rinnovare il ricordo di una tradizione antica e straordinaria.