San Ciro, Marineo
Novembre 30, 2022
Ai piedi della Rocca, nei pressi di Palermo, si trova il caratteristico paesino di Marineo in cui si venera la figura di San Ciro, suo celeste patrono. È proprio in città che, dal 1666 viene custodita la testa del santo e oggetto di profonda devozione.
San Ciro fu un medico egizio che morì insieme al compagno d’avventure e di predicazione Giovanni, a causa delle persecuzioni dell’imperatore Diocleziano. Il suo santuario divenne uno dei più celebri del mondo antico, per il suo essere un grande taumaturgo. Con l’invasione araba le reliquie vennero traslate a Roma, poi nel 1600 furono donate ai Gesuiti napoletani che le posero nella chiesa del Gesù Nuovo per poi giungere a Marineo. Il santo viene festeggiato due volte l’anno, in due momenti stagionali posti agli antipodi: nel cuore dell’inverno, il 31 Gennaio, memoria liturgica del Santo, e l’ultima domenica di Agosto, in estate, quando prende il via la parte più folklorica e popolare della festa.
La presenza di due date ha di fatto, come molti altri centri siciliani, anche un altro significato, legato cioè allo scorrere del tempo e delle stagioni e ai riti di passaggio da una stagione all’altra: l’aratura, la semina, la potatura, la raccolta dei diversi prodotti della terra venivano proiettati nella sfera religiosa e devozionale.
La festa di Marineo va quindi, sostanzialmente, a dividere i due momenti forti dell’anno agricolo, anche se economicamente la centralità dell’agricoltura è venuta meno come in buona parte della Sicilia. A fine agosto si recano al Santo, infatti, offerte di grano a raccolto concluso, per propiziarsi e affidargli la stagione ventura e la salute del bestiame durante l’inverno, con la tradizionale “Cunnutta”, una processione di doni votivi, con muli e cavalli riccamente bardati che trasportano il grano nelle antiche “visazze”. Caratteristica anche la Dimostranza, ovvero la rappresentazione sacra allegorica itinerante in ventuno quadri sulla vita di S. Ciro, recitata per le vie del paese da circa duecento personaggi interpretati da attori locali e che si svolge ogni due anni circa: riproponendo la struttura delle sacre rappresentazioni medioevali. La Dimostranza inizia con un quadro di apertura (peccato originale e cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre). Seguono le scene con le figure allegoriche, la persecuzione romana e la discordia, infine l’angelo che scaccia entrambi annunciando l’ordine divino (lotta eterna tra bene e male).
Dal quinto quadro sino al diciannovesimo si assiste agli episodi salienti della vita di san Ciro: il battesimo, gli studi, la professione medica, l’eremitaggio, l’incontro con il discepolo Giovanni d’Edessa, la persecuzione dei cristiani, la visita nel carcere ad Atanasia e alle tre figliolette, la cattura, il processo, la condanna. Infine, i quadri ventesimo e ventunesimo celebrano la gloria del santo, prevedendo anche la presenza del carro trionfale a forma di barca. Eseguita la decapitazione, il personaggio di San Ciro viene nuovamente interpretato da un bambino, rappresentante la purezza della fede e la nascita al cielo, che porta trionfalmente il simbolo del martirio: la palma.
A differenza di ciò che avveniva nelle città medioevali, dove tutto si svolgeva nelle grandi piazze dinanzi le cattedrali o le chiese madri, a Marineo si svolge, per via della struttura del paese, in modo itinerante: quando finisce una scena, gli attori si spostano nella piazza successiva, dove, come una staffetta, lasciano il palcoscenico naturale alla scena seguente. La manifestazione raccoglie parecchie influenze, tracciabili fino alla tragedia greca, con i cori dei bambini che commentano le scene con il canto in funzione di ammonimento e di invito al pentimento.
Fortissima è la componente allegorica, con la personificazione di religione, fede, vizi e virtù, speranze e discordia. Nel mese di gennaio si svolge, invece, la festa di San Ciro detto “puvuriddu”, per via del suo essere una ricorrenza più povera, meno carica cioè di distrazioni esteriori e folkloriche, ma non di preghiere e della devozione genuina della gente che affida, nel momento in cui la terra riposa, le speranze per un raccolto cospicuo e abbondante. Per nove sere si susseguono celebrazioni liturgiche, seguite dai vespri solenni il 30 gennaio.
Il 31 Gennaio alle otto del mattino tutte le campane della città suonano a distesa per salutare il giorno di festa, seguite dal giro dei tamburinai per le vie del paese. Dopo le numerose funzioni religiose per tutta giornata, alle ore 21 si dà avvio la solenne processione con la vara su cui troneggia l’urna in argento con la reliquia attorniata dalle torce luminose dei fedeli, alcuni dei quali scalzi in segno di promessa e voto che effettuano il “viaggiu di San Ciru”, svolto da gruppi di fedeli in forma spontanea quale segno di penitenza e devozione, oltre che ringraziamento.
Conoscete altri usi di questa particolare festa? Raccontateceli!