La nascita della chirurgia plastica
Ottobre 22, 2022
Erano i primi del 1400, quando per mano di due medici catanesi, Gustavo ed Antonio Branca, nasceva in Sicilia la chirurgia plastica. I due riuscivano a ricucire, con notevole abilità e perfezione, nasi, labbra e orecchie mutilate.
Ma facciamo un passo indietro. L’espressione «chirurgia plastica» è stata utilizzata per la prima volta da Eduard Zeis nel titolo del suo libro nel 1838 “Handbuch der plastischen Chirurgie”. Già nel VII secolo a.C. Susruta, medico indiano considerato comunemente il padre della chirurgia indiana, descriveva alcuni interventi di ricostruzione nasale.
La religione ebbe un ruolo determinante nella nascita della chirurgia. La carità cristiana portò alla nascita dei primi ospedali. Con l’arrivo della peste nel XIV secolo, si aprirono i primi lazzaretti, considerati il prototipo degli ospedali moderni.
Per praticare la professione di medico e chirurgo, sotto i regni di Ruggero II di Sicilia e di Federico II, era necessario sostenere un esame che verificasse le effettive competenze, a cui seguiva un periodo di “praticantato”. Da lì a poco, furono aperte le prime facoltà di Medicina e Chirurgia nelle neonate Università italiane.
La ricostruzione nasale praticata in Europa all’inizio del XV secolo, era avvolta dalla totale segretezza. Di essa se ne avvantaggiarono due chirurghi. Il primo era tedesco, Heinrich von Pfalzpaint, l’altro era un siciliano, Gustavo Branca che gestiva una proficua attività a Catania.
Il metodo da lui introdotto ed utilizzato ottenne un sigillo ufficiale da parte del re di Sicilia Ferdinando I. L’intervento consisteva nell’utilizzare dei lembi cutanei delle guance e della zona interna della bocca al fine di rivestire le lesioni e ricostruire le narici. Si riprendeva la tecnica descritta da Sushruta, ma con notevoli cicatrici sul volto della persona operata.
Il figlio Antonio Branca utilizzò una tecnica differente. Consisteva nell’utilizzo di un lembo peduncolato del braccio, che doveva restare unito al moncone del naso per un periodo di tempo di venti giorni in grado di consentire la ricostruzione e la rivascolarizzazione dei tessuti utilizzati nella piramide nasale. Una tecnica non solo più laboriosa della precedente, ma anche più sofferente. Essa consentiva di non lasciare tracce troppo evidenti sul volto.
Purtroppo i chirurghi dell’epoca non erano in possesso di basi mediche o scientifiche. Anzi, molti di loro erano barbieri. Gustavo e Antonio Branca si portarono nella tomba molti segreti delle operazioni eseguite negli anni.
Il libro di Gaspare Tagliacozzi (1546–1599), De curtorum Chirurgia per incitionem, fu il primo trattato di chirurgia plastica nel quale si descrivevano diverse operazioni.
Nel XIX secolo la chirurgia plastica ha avuto uno sviluppo considerevole grazie alla creatività di chirurghi come Dieffenbach. Le conseguenze delle due grandi guerre mondiali portarono nuovi orientamenti e le società nazionali e internazionali di chirurgia plastica si moltiplicarono, così come le riviste, portandosi dietro un pezzo di Sicilia.