Dante Alighieri, De vulgari eloquentia.
Ottobre 9, 2022
A scuola ce lo hanno ripetuto centinaia di volte e anche senza molte spiegazioni di sorta: la lingua italiana nasce in toscana, padre ne fu il sommo Alighieri e insieme a lui a consolidar la lingua vi furono le altre “due corone del trecento”: Petrarca e Bocaccio. Questa la versione che sembrerebbe quasi indiscutibile.
Indiscutibilità che invece è stata discussa, dibattuta, messa in dubbio e ridefinita, soprattutto grazie agli studi dello studioso Giuseppe Mascherpa, che riapre la discussione dopo il ritrovamento in Lombardia di alcuni testi letterari della Scuola poetica siciliana, fiore all’occhiello del sovrano più amato dai siciliani Federico II, lo stupor mundi.
Dopo la morte di Federico la monarchia sveva entrò subito in declino e così pure la realtà letteraria che attorno vi era cresciuta. Ma l’eredità della scuola poetica siciliana venne conservata da alcuni copisti e raccolta dalla prima generazione di poeti toscani, come Guittone d’Arezzo. Inoltre molte sperimentazioni linguistiche dei poeti isolani vennero riprese proprio dal sommo poeta Dante Alighieri.
Ed è proprio il padre della letteratura italiana a scrivere nel suo “De vulgari eloquentia” che:
“Tutto ciò che gli italiani fanno in poesia si può dire siciliano”.
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Sicuro che quello che stai leggendo sia scritto solo in lingua italiana? Sicuro che l’italiano sia nato in Toscana? Sei ancora convinto?