Vittime di Mafia

Gaetano Costa, Palermo

É il 6 Agosto 1980 e ci troviamo a Palermo in Via Cavour. Ad un certo punto sentiamo tre colpi di arma da fuoco. Muore il magistrato Gaetano Costa. Un  grande Uomo con una ferma morale e veramente libero, incondizionato da simpatie o inimicizie.  Egli era l’unico magistrato di Palermo avente diritto alla macchina blindata ed alla scorta, ma decise di non usufruirne mai.

Non voglio la scorta, perché non voglio che si sacrifichino altre vite, noi magistrati abbiamo il dovere di essere coraggiosi”. Gaetano Costa

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Foto di archivio fotografico storico

Il procuratore Costa nacque a Caltanissetta. Qui si diplomò al liceo ed infine si laureò in legge nella Facoltà di Giurisprudenza di Palermo. Sin da giovanissimo aderì al Partito Comunista. Inizia la sua carriera in magistratura dopo la Seconda guerra mondiale, dove fu partigiano nella resistenza in Val Di Susa. Iniziò a lavorare presso il tribunale di Roma e in seguito chiese il trasferimento alla Procura della Repubblica di Caltanissetta. Qui restò dal 1944 al 1978. Qui svolse la maggior attività di magistrato prima da sostituto procuratore e poi da procuratore capo, dimostrando di essere all’altezza, brillante e con grande professionalità.

Negli anni ‘60 nonostante i pochi strumenti a sua disposizione, il magistrato intuì un radicale cambiamento del modus operandi della mafia in quel periodo. Cosa Nostra abbandonò il controllo dei terreni agricoli  e passò alla gestione del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, in stretta connessione con Cosa Nostra americana.

Costa capì che la mafia siciliana stava iniziando a stringere rapporti con parti deviate degli ambienti istituzionali, in particolare quelli della politica e della pubblica amministrazione, infiltrandosi nelle varie gare d’appalto. Ciò nonostante il magistrato riuscì a captare il “punto debole” di Cosa nostra, e nel periodo in cui ricoprì il ruolo di procuratore a Palermo avviò una serie di delicatissime indagini, colpendo il cuore la criminalità organizzata e i suoi patrimoni.

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Foto di archivio fotografico. Luogo del delitto

A sostenere il grande lavoro di Costa vi era il capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo, Rocco Chinnici, con il quale confrontava dati e informazioni sulle varie indagini. Il momento cruciale dell’attività del magistrato fu la sera del 8 maggio del 1980, nella quale, durante una riunione di “vertice” della magistratura, egli fu l’unico a firmare il mandato di arresto di 55 mafiosi. Tra questi c’era Rosario Spatola. Fu quel momento che per il magistrato fu  tutto chiaro e le sue scelte erano scomode non solo alla mafia, ma anche ad altri poteri, e per questo motivo volevano la sua morte.

Al suo funerale parteciparono pochissime persone, nessun collega e nessuna figura istituzionale. A distanza di anni da quell’attentato al magistrato non si conoscono né i nomi degli esecutori materiali, né tantomeno quelli dei mandanti esterni. Nessun condannato, nessun responsabile.

“Nel febbraio 1982 – noi l’abbiamo scoperto dopo – papà andò in missione a Roma, sotto falso nome, a riferire al Consiglio Superiore della Magistratura cosa stava accadendo a Palermo. Raccontò di Costa, di come fosse stato lasciato solo a firmare un plico di ordini di cattura di cui nessuno voleva farsi carico, contro le famiglie Spatola, Inzerillo e Gambino. Disse che era stato ucciso per aver voluto compiere il suo dovere di magistrato, ed era esattamente così. Nessuno di quegli uomini – Costa, Scaglione, Terranova, Mattarella, Basile e gli altri che si aggiunsero alla lista nel 1981 – stava facendo altro che il proprio dovere”.  Dal libro “È così lieve il tuo bacio sulla fronte”, edito da Mondadori, Caterina Chinnici ricorda Gaetano Costa.

L’ennesimo omicidio rimasto impunito, di cui abbiamo il dovere morale di farne memoria ogni giorno dell’anno. Grazie va al Magistrano Costa poichè il suo coraggio insieme a quello di centinaia di martiri che hanno sacrificato la propria vita in nome della giustizia nel nostro Paese.

 

Andrea Barbaro Galizia

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