Giangiacomo Ciaccio Montalto, Valderice
Luglio 1, 2022
Erano molti i nemici del capo di Cosa Nostra Totò Riina, fra i quali il Pm di Trapani Gian Giacomo Ciaccio Montalto. Il magistrato, 41 anni e 13 anni di servizio, fu tra i primi a intuire che fosse necessario istituire una Procura che si occupasse solo di mafia. Egli aveva ben capito il peso dei nomi come Riina, Messina Denaro, Agate e l’essenza di Cosa Nostra. Il Pm indagava su appalti truccati, soldi sporchi nelle banche, traffici di armi, sull’inquinamento del golfo di Cofano, ormai messo a rischio dagli scarichi illegali e dal tentativo delle famiglie mafiose di costruirvi una raffineria.
Prima del 1982 era impossibile contestare il reato di associazione mafiosa. Ciò nonostante le indagini di Montalto fecero emergere ciò che poi fu messo in atto dal Parlamento dopo gli omicidi del deputato Pio La Torre e del generale Dalla Chiesa, attraverso l’introduzione dell’art. 416 bis nel codice penale. Tra i corridoi del carcere di Trapani-San Giuliano si vociferava:
“Ciaccinu arrivau a stazione”
con queste parole il boss Mariano Agate aveva annunciato che il magistrato Montalto sarebbe stato ucciso da lì a poco. Il 25 gennaio 1983 il Pm di Trapani morì a causa di numerosi colpi di arma da fuoco mentre tornava a Valderice. Passerà alla storia l’omertà degli abitanti di quella via, i quali rimasero inermi senza dare l’allarme. Dopo tanti anni di depistaggi e disattenzioni, nel 1995 emerse la verità. I responsabili dell’omicidio furono consegnati alla giustizia, grazie alle confessioni di alcuni pentiti.
Ma è sufficiente condannare “uomini” incoscienti, privi di un briciolo di umanità e pieni di malvagità?