Strage di Capaci
Luglio 1, 2022
“Nell’agosto 1984 interrogavo Tommaso Buscetta in un locale soffocante, surriscaldato, all’ultimo piano, proprio sotto il tetto della Questura di Roma (…). Dai piani inferiori saliva la cacofonia della musica delle radio a tutto volume. Insopportabile. Chiamo uno degli agenti di guardia e gli espongo il problema. Risponde che cercherà di convincere i colleghi ad abbassare il volume. Ma non succede niente. Allora Buscetta si alza e chiude la finestra. Chiedo perché. Risponde: – Perché, signor giudice, se gli agenti continuano a far rumore, lei dovrà intervenire in modo più energico e magari far punire qualcuno. Se chiudo la finestra, non sentiamo più il rumore e lei non deve intervenire. Mai mettersi nella condizione di dover mostrare apertamente la propria forza e il proprio potere.”
Prima della Strage di Capaci, tante furono le frasi che i pentiti di mafia rivolsero direttamente a Falcone come “Lei lavora troppo, fa male alla salute, dovrebbe riposare” oppure “Lei fa un mestiere pericoloso; io, al suo posto, la scorta me la porterei pure al gabinetto.”
Oggi, ricordiamo un grande magistrato, un uomo che riuscì a privare la mafia della sua aura di impunità e di invincibilità, dimostrando a costo della vita che la mafia può essere trascinata in tribunale e che i suoi capi possono essere condannati.
“Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.”
Falcone non si faceva illusioni, ironizzava anche sul suo mancato attentato nel 1989. “È vero, non mi hanno ancora fatto fuori…Ma il mio conto con Cosa Nostra resta aperto. Lo salderò solo con la mia morte, naturale o meno”.
Si divertiva col collega Paolo al tempo del maxiprocesso. “Mi viene a trovare a casa il collega Paolo Borsellino. ‘Giovanni – mi dice – devi darmi immediatamente la combinazione della cassaforte del tuo ufficio.’ ‘E perché?’ ‘Sennò quando ti ammazzano come l’apriamo?’”.
Il 23 maggio 1992 alle ore 17:57, avvenne la Strage di Capaci. Gli attentatori fecero esplodere un tratto dell’autostrada A29 sulla quale vi transitavano 3 auto blindate. Morirono il giudice Falcone, la moglie e magistrato Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
“Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”. Interviste a Giovanni Falcone tra marzo e giugno 1991 tratte da “Cose di Cosa Nostra”, M. Padovani.
La Strage di Capaci scosse molte coscienze di quei siciliani che fino ad allora erano rimasti a guardare. Grazie! Il vostro sacrificio non lo dimenticheremo mai.
2 comments on “Strage di Capaci”
Grazia Rosita Intorre
Maggio 23, 2023 at 6:18 pmCome dimenticare dopo 31 anni ancora ricordo ciò che facevo quando passò la notizia dell’attentato.
[…] per l’amata Malta. La città proprio cinque giorni prima era stata scossa dall’immane tragedia di Capaci. Qui persero la vita il giudice Giovanni Falcone con la moglie e la scorta. Non fu rinviata la […]